Radici Liquide

Noi pescatori siamo dei fighi pazzeschi. Lo sempre pensato. Lo sempre visto. Questa frase mi si rimpalla sempre in testa quando riusciamo a conquistare qualcosa in termini di tutela ambientale. Quando siamo partecipi in maniera attiva a questi progetti di salvaguardia degli ecosistemi acquatici o maniera indiretta quando condividiamo messaggi di denuncie ambientali e i bellissimi progetti alieutici lanciati dalle associazioni di pescatori. E da lì inizia il tam tam sui social fino a raggiungere degli obiettivi nobili. Ed è così che sono a venuto a conoscenza del viaggio inchiesta di Elisa Cozzarini lungo gli ultimi torrenti alpini. I più sospettosi diranno: ma cosa c’èntrano i pescatori con i torrenti, con l’ambiente, con le centrali idroelettriche? Già cosa c’azzeccano? Non rispondiamo a queste domande e vi invitiamo a immergevi in questo viaggio di Elisa, lungo le Alpi, dalla Liguria, al Friuli Venezia Giulia, passando per il Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Trentino Alto Adige.

Quello che mi ha fatto venire la pelle d’oca è stato l’intro del libro: “assalto finale ai torrenti alpini”. “Il destino della gran parte dei corsi d’acqua delle nostre montagne è quello di fluire nei tubi”. “Quando sarà terminata, non resterà in Italia neanche un esempio di com’è fatto un torrente di montagna”. “Tutto è cambiato con gli incentivi statali per le rinnovabili […] società per lo più private si lanciano a costruire centrali che rendono solo perché l’energia che producono viene venduta fino a tre volte il prezzo di mercato”.

I corsi d’acqua alpini sono sempre più depauperati e abbandonati in nome del dio-denaro. Sono rari i corsi d’acqua ancora naturali sulle alpi. Agghiacciante.

La voglia che mi ha spinto a scoprire, e a divulgare il viaggio di Elisa, è stata la mia “idrofilia” che parla la stessa Autrice che ci accomuna e accomuna tutti coloro che si imbattono ogni giorno con fatica e caparbietà,  in piccole grandi battaglie, che quasi mai nessuno ne parla, per la difesa degli ecosistemi acquatici e della biodiversità. Che non vogliono farsi portar via l’acqua e tutti i beni preziosi che essa produce e cura. Dobbiamo imparare a dare un valore economico alle risorse naturali, non per quello che producono, ma per il fatto di esserci, per i servizi eco-sistemici che garantiscono. Dobbiamo coinvolgere la popolazione e i media, far sapere che prosciugare i fiumi è un illegale.

Quello che mi rende orgoglioso è che molte associazioni di pescatori sono i capofila di queste battaglie insieme a comitati cittadini, sportivi e ambientalisti. Questa è la vera essenza dell’essere pescatore: essere idrofili e dedicare del tempo per la difesa degli habitat acquatici. EROI.

Non sono parole retoriche. Credetemi! Non possono dire altro che leggere

Radici liquide. Viaggio-inchiesta lungo gli ultimi torrenti alpini.

di Elisa Cozzarini.

Ed. nuovaedizione

Un grazie di cuore a tutti. Mai Mollare!

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Fast-check sulla PESCA a INCREA

PREMESSSA

Lo Spinning Brugherio è  uno degli attori principali per la riapertura della pesca al parco Increa. Le nostre battaglie, caratterizzate da denunce sui media locali e su internet, sono state finalizzate non solo all’apertura alla pesca al bacino, ma alla valorizzazione e tutela del parco e del laghetto. Abbiamo portato a conoscenza i problemi a esso legati, una su tutte la presenza dell’alga rossa tossica, la presenza di nutrie, lo stato di incuria e degrado del parco oltre che alla scarsa considerazione delle acque del lago e dei sui abitanti. In questi anni di discussioni abbiamo portato a conoscenza ai nostri concittadini (e non solo) chi fossero gli abitanti delle acque (a molti misteriose) del lago Increa. Questi problemi sono stati affrontati solo da noi pescatori con l’attuale amministrazione comunale guidata dal sindaco Troiano, non nascondendo talvolta accesi dibattiti, ma sempre e comunque guidati dalla costruzione di un progetto olistico di cura e gestione del lago e dell’intero polmone verde. Ricordiamo che nessuno, se non poche persone ci hanno appoggiato, proponendo odg o interpellanza in consiglio comunale. Tra queste ricordiamo la cons. Francesca Pietropaolo e Enrico Sangalli, ex consigliere e pescatore prematuramente scomparso. Solo loro. E basta. Oggi in molti si presentano in campagna elettorale parlando e sparlando usando termini poco conosciute rispetto all’ambiente, biodiversità, increa-pesca, ecologia, quando mai nessuno di loro si sono impegnati a migliorare l’ambiente del quale stiamo parlando. Oppure dov’èrano i pescatori che si lamentano e criticano l’operato fatto in questi lunghissimi anni (6 anni!!!!), quando chiedevamo disperatamente aiuto a tutti?

Le discussioni si sono sviluppate con la “presa incarico” delle problematiche biologiche e ittiche da parte di un ittiologo, dott. Fabrizio Merati, una vecchia conoscenza ai pescatori esperti poiché ha avviato per primo il “progetto trota marmorata sull’Adda”. Dopo 2 anni di analisi idrobiologiche e ittiche sono emersi dei dati (a dire la verità scontati per noi pescatori) ma doverosi per mettere nero su bianco lo stato di salute del lago (ricordiamo che da quando è nato il parco pubblico – 1993 – non sono MAI state fatte analisi delle acque!). Le analisi, dunque, hanno evidenziato, una diminuzione dei fostati e nitrati in acqua quindi calo dell’alga rossa, una pretta dominanza delle specie alloctone (aliena) rispetto alle specie autoctone e quindi uno squilibrio biologico con un rischio di minaccia alla biodiversità del lago. Ricordiamo ai non esperti che la presenza delle specie alloctone (non solo specie ittiche, ma soprattutto le abbondantissime tartarughe) sono dovute all’immissione volontaria di queste specie sia in questi anni (facilitate da una scarsa vigilanza) sia quando il parco era una cava di estrazione. Da ciò, su indicazione dell’ittiologo, e non come dice qualcuno da pressione dei pescatori brugheresi, l’intervento per ripristinare l’equilibrio biologico del lago è stato quello di aprire la pesca mediante l’istituzione di un centro privato di pesca (CPP). Il centro di pesca è istituito e gestito unicamente dal comune di Brugherio, e non dato in concessione alle società di pesca; perciò è l’amministrazione comunale che detta le regole ed essendo un’amministrazione pubblica deve seguire leggi, ordinamenti e iter burocratici regionali. Pertanto, il comune di Brugherio diventa unico titolare dei diritti esclusivi di pesca del bacino e pertanto unico soggetto titolato a controllarne la gestione. I pescatori non sono proprietari di niente, ma solo fruitori, come tutti i frequentatori del parco.

Ricordiamo che, senza analisi idrobiologiche e ittiche da parte di un biologo, non è possibile pianificare interventi naturalistici del tipo: piantumazione piante ed piante/erbe acquatiche riparie,…etc…oppure  ripopolamento ittico, istituire zone di protezione o, come si è fatto, istituire un piano pesca di tutela e salvaguardia. Il biologo analizza gli eventuali problemi e pianifica gli interventi per risolverli portando avanti un progetto di salvaguardia dell’ecosistema acquatico. Come è possibile fare degli interventi senza capire che tipo di habitat stiamo parlando e quali sono le sue problematiche?  Bisogna fare interventi giusti e mirati in relazione a quel preciso ecosistema. Come dimostrano i risultati e quanto detto dal dottor Merati, Increa è fortemente compromesso l’equilibrio biologico e si stanno attuando gli interventi per ripristino. Ci vuole l’opinione e l’intervento di un esperto in campo, di un professionista, come lo è Merati. Il dottor Merati è il medico, l’ecosistema Increa è il malato. 

Meglio un luogo in cui la pesca è regolamentata e vigilata, piuttosto che un bacino chiuso alla pesca depauperato da tutto e da tutti, come è successo, purtroppo, in questi anni. Molti non vogliono che la pesca venga aperta perché così possono fare tutto ciò che vogliono, in particolare alcuni pescatori, e soprattutto negli orari più inconsueti (notte), come si è verificato in questi anni.

Orgogliosi, soddisfatti e felici del risultato raggiunto con la voglia di collaborare con tutti per migliorare il parco, il laghetto e il piano pesca.

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Il millefoglio, la pianta acquatica che sta uccidendo l’Idroscalo di Milano

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Millefoglio d’acqua comune

Myriophyllum spicatum

Eurasian Watermilfoil

Famiglia: Haloragaceae
Il Millefoglio d’acqua comune è una pianta acquatica (e non un’erba!) nativa del continente Euro-Asiatico e dell’Africa settentrionale. Oltre a trovarlo in natura, questa pianta viene utilizzata in acquario come elemento ornante.

A causa della sua adattabilità ha finito spesso per soffocare e soppiantare le specie autoctone,  dilagando prepotentemente e provocando poi seri disagi e danni agli habitat colonizzati. Continua a leggere

Noi e Loro

Noi sono i pescatori, loro chi scrive sui giornali, molti sono professionisti, nel senso che operano con serietà altri sono legati a qualche carro e quindi devono scrivere quello che fa piacere al capo carro.  Dunque, per citare  solo i problemi legati al nostro mondo – veniamo interpellati solo quando la notizia è in qualche misura eclatante, del tipo— moria di pesci in tal fiume, oppure qualche sversamento di acidi nel famoso torrente, conseguenza pesci morti . Le notizie si fermano a queste due citate. Sarà colpa anche di chi si dedica alla pesca, cosi senza impegno, senza guardarsi attorno, dentro l’acqua del perché e del percome questi nostri amici vivono oggi più che mai in ambienti da fare schifo. Continua a leggere

Acque da salvare, posti di lavoro da creare

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I beni preziosi al mondo di oggi, ma anche quello di ieri tuttavia in misura minore, sono sostanzialmente due:  il lavoro e il bene acqua. Il primo è legata la nostra vita lavorativa e quindi il modo in cui avviene il nostro sostentamento e quindi la qualità della vita, dentro la quale vi è la salute ed il modo di vivere in maniera adeguata tramite il salario acquisito con lo stesso. Il secondo è vivo nel momento in cui l’acqua è un bene prezioso che porta vita, senza la quale non c’è vita.  Oggi trovare una occupazione è difficile  per motivi legati ad delle scelte politiche, alla divisione del lavoro, ma soprattutto al fatto che il lavoro viene spostato nei paesi dove lo sfruttamento e i bassi salari attirano investimenti e quindi fabbriche che usufruiscono di maggior guadagno sfornando merci a basso costo. Quindi il problema del lavoro nei paesi sviluppati manca e mancherà sempre di più. Allora bisogna inventarsi una nuova occupazione con quello che non siamo o non abbiamo saputo sfruttare, forse perché non crea business, oppure non si hanno le conoscenze o capacità di sfruttare fino in fondo, cioè quelle risorse che stanno sotto ai nostri occhi come  Continua a leggere

Il Pànace di Mantegazza: guardare, ma non toccare!

Il pànace di Mantegazza [Heracleum mantegazzianum Sommier & Levier, 1895] è una pianta erbacea che può raggiungere un’altezza massima di 7 metri, ma la si trova comunemente intorno ai 5 metri.  I fiori sono circolari di dimensioni di 50 cm di diametri costituiti da numerosissimi fiorellini di color bianco-giallastro tendente a volte al verde e si sviluppano nel periodo estivo, cioè a partire dal mese di giugno fino ad agosto.

L’arbusto è originario delle montagne del Caucaso, ma intorno al XIX secolo venne importata nel continente europeo per la sua bellezze nelle fiorescenze. Infatti l’intento era ornamentale e anche quello di attirare curiosità nei poderosi e imponenti giardini ottocenteschi. Peccano che i nostri avi importatori non sapevano della pericolosità di questa pianta.

La pànace la ritroviamo in corrispondenza dei corsi d’acqua ed è diffusa oramai in tutta la pianura Padana, compresi gli archi pedemontani e alpini. Proprio per la sua presenza lungo i corsi d’acqua e della sua pericolosità, i pescatori rappresentano le persone più vulnerabili a subire ustioni e danni a contatto con questa pianta. Continua a leggere

Pescatori: senti chi parla

Una giornata dedicata a pescare immondizia.

Sotto una pioggia leggera di primavera , con attrezzi di fortuna, qualche rastrello, e tanta volontà di ripulire le sponde del bacino ,infestate da rifiuti di ogni genere, legnaia, bottiglie vuote, alberi insecchiti rovinati dalle acque che in questi anni si sono alzate a dismisura rovinando le sponde e creando problemi alle staccionate ormai scassate . Siamo partiti togliendo dall’acqua tutti gli alberi affioranti che creano non poche difficoltà all’elemento liquido inquinandolo e provocando sedimentazione, oltre che di non bella visione del luogo. Rastrellando metro dopo metro ,raccogliendo tutto quello che un ambiente sano non deve avere. Là in fondo la Protezione Civile e ANC con attrezzi appropriati si davano da fare nel sminuzzare alberi morti segandone la  base e ammucchiandone in cataste, che successivamente verranno asportate in altri luoghi. Con sacchi si è raccolto una infinità di materiale anche in decomposizione. (Tra i rifiuti abbiamo anche recuperato un pneumatico, una batteria di un automobile, un sacco di sabbia, un barbecue tutti depositati nelle isole  ecologiche del parco). Mentre ci si dava da fare qualcuno sulle sponde si divertiva a far girare una barchetta attraverso un telecomando le ordinava di andare a destra e a sinistra , ma mai si è degnato a chiederci che cosa stavamo facendo, del perché toglievamo i rifiuti e la legnaia dall’acqua.  E qui sta il punto di riflessione. Con tutta la comunicazione fatta per sensibilizzare il popolo di pescatori, nessuno si è messo nell’animo nell’intervenire – forse se si sarebbe potuto pescare nel pomeriggio, forse in molti si sarebbero accorsi -. Non appena si è pubblicato un post che annunciava che la pesca si aprirà entro il 2017 – forse è d’obbligo – , subito in molti si sono svegliati dicendo “speriamo” , “in che modo” “quando” , “perché”. Tutto e niente caro pescatore che fino a ieri ti sei fregato di discutere, di partecipare e quindi di apportare il tuo, il vostro contributo. Sarebbe stato significativo, avremmo ripulito nel meglio il laghetto, si sarebbe dato una svolta alla solita prassi di malavogliosi nell’operare e soprattutto di essere organizzati ,cosi come lo sono chiunque professi fedeltà al suo hobby preferito. Ma noi no, noi siamo professori a insegnare cosa devono fare gli altri e basta. Tante parole, ma in realtà chi si è mosso veramente, sono coloro che hanno aperto una fase, che ora si è chiusa con la pulizia del laghetto e le sue sponde. Eravamo  convinti che si doveva fare e appena si è presentata l’occasione non l’abbiamo lasciata sfuggire. Ora si aprirà la seconda fase ,quella più importante, e cioè quella di collaborare tramite l’Assessore e l’Ittiologo nel preparare tutto ciò che servirà per ripartire con la pesca che non sia una cosa raffazzonata, ma che sia ben gestita da parte del Comune sotto la guida della scienza attraverso la conoscenza del luogo  da parte dei pescatori . Se non  ci diamo un minimo di organizzazione come sarà nel contesto globale e funzionale, la cosa farà in fretta a scemare e li potrà diventare un guazzabuglio come lo furono gli anni orsono.  Qui vogliamo ringraziare il Sindaco Marco Troiano e l’Assessore Marco Magni che in questi anni – anche se dobbiamo riconoscere a volte fatte di contrasti accesi- che non hanno mai tralasciato il problema. Un plauso anche a chi non si è mai stancato di portare a conoscenza il problema anche con polemiche, e forse senza questi oggi non saremmo qui a sperare e sconfessare che tutto ciò che si faceva era inutile ,tanto la pesca a Increa non sarebbe più decollata.

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Gestione e cura degli ambienti acquatici

Per gestione della vegetazione in alveo si intende, dove è necessario, una corretta e appropriata manutenzione,ossia rimuovere e sistemare la vegetazione presente lungo le sponde del fiume mantenendo quanto più possibile inalterato le diverse funzioni da essa svolte.

Noi pescatori siamo chiamati in causa per primi, perché abbiamo tutto l’interesse ad avere fiumi e torrenti piacevoli da fruire, con l’acqua pulita, e ricchi di pesce, e la presenza di alberi e arbusti sulle rive è importante mantenerli in questo stato oltre che dovere morale ed etico, insito nel nostro hobby, anche a garantire un ambiente idoneo per la salvaguardia dell’ambiente acquatico. Continua a leggere

Quo vadis Adda?

Carlo  Recalcati era ed è un pescatore a tutto tondo, nel senso che spaziava dalla pesca con il galleggiante, a mosca, e come dice lui a cucchiaino. Ma la sua pesca preferita era da sempre la caccia alla Trota Marmorata – sia con il morto sia con il pesce vivo. Oggi che il suo fiume preferito l’Adda non da più i risultati di un tempo, quando di trote chiamate “mamme” guizzavano nel blu cupo del fiume. Sui raschi, vicino ai famosi piedi di terra — ossia dove l’acqua faceva un salto per opera del ghiaione sconnesso. Oggi di quei magnifici salti ne son rimasti pochissimi e, le trote ,le poche che son rimaste ,le devi scovare nei pochi fondoni scavati dalle rare piene del fiume. Anni fa, mi fermavo a discutere con lui fino a notte inoltrata, discutevamo di come era a quel tempo il fiume, le famose pescate che si facevano, i salti del pesce che andava in caccia all’imbrunire. Continua a leggere

Lavori sul fiume Tormo: la risposta del consorzio

Il fiume Tormo è l’unico corso d’acqua in Italia che sorge in pianura: non da un semplice fontanile, bensì da una risorgiva. E’ lungo 25 km, sembra spuntare dal nulla nella bassa bergamasca di Arzago d’Adda e bagna le campagne fino a immettersi nell’Adda lodigiana nei pressi di Abbadia Cerreto.

Il fiume Tormo è la “testimonianza biologica”  del lago Gerundo che secoli fa bagnava le campagne lodigiane, bergamasche e cremasche. Non appena le acque del Gerundo iniziarono a ritirarsi, anche a causa dell’azione dei monaci, il Tormo spuntò con la sua precisa e chiara conformazione di fiume. Difatti lo stesso nome “Tormo” deriverebbe dal latino “turma” che significa acqua tumultuosa. E anche oggi questo fiume possiede tutte le caratteristiche che contraddistinguono un fiume, vale a dire una sorgente naturale, il regime d’acqua perenne, alveo irregolare e larghezza naturalmente variabile. Il letto è ghiaioso, anche se in alcuni tratti il fondo è sabbioso, molto simili all’Adda. Le sponde del Tormo sono caratterizzate da una rigogliosa vegetazione fluviale che permettono di garantire riparo e zone di riproduzione non solo per l’avifauna, ma soprattutto per l’ittiofauna. La popolazione ittica è pregiata: troviamo lucci italici, alborelle, barbi, vaironi, triotti, cavedani, carpe, tinche, qualche rara trota.

Proprio per le condizioni ottimali sia per il carattere fluviale che temperatura, ad esempio, rappresenta un luogo di tutela delle specie autoctone verso quelle alloctone quali siluri.

Quindi il Tormo, oltre che a essere una testimonianza biologica di quello che fu il lago Gerundo, è anche una culla di biodiversità. Proprio da questi presupposti ci siamo domandati, anche con rabbia e perplessità, i lavori mediante escavatori direttamente sul letto del fiume nel tratto lodigiano, nel bel  mezzo della frega dei pesci. Continua a leggere