Morsi e punture di animali: cosa fare

Durante le battute di pesca, sopratutto nel periodo primaverile-estivo, è facile rincorrere a punture e morsi di insetti caratteristici della bella stagione. Talvolta questi morsi sono pericolosi, altre basta piccoli gesti da evitare il peggio. Bisogna sapere bene cosa fare.

Qui di seguito proponiamo quali sono le punture/morsi più comuni e le indicazioni immediate da fare. Un consiglio che possiamo darvi: potete comprare dei kit di primo soccorso, che si trovano nelle farmacie, da tenere in auto e utilizzarli (speriamo mai) in caso di incidenti di questo tipo. All’interno di questi kit potete trovare cerotti, bende, ghiaccio secco o spray, garze, disinfettante del tipo alcool o amukina indispensabili nel immediato ed essenziale soccorso.

In caso di punture e/o morsi di animali , dopo le prime manovre di soccorso, è opportuno e fondamentale recarsi al più vicino pronto soccorso e/o chiamare il 118.

Continua a leggere

Radici Liquide

Noi pescatori siamo dei fighi pazzeschi. Lo sempre pensato. Lo sempre visto. Questa frase mi si rimpalla sempre in testa quando riusciamo a conquistare qualcosa in termini di tutela ambientale. Quando siamo partecipi in maniera attiva a questi progetti di salvaguardia degli ecosistemi acquatici o maniera indiretta quando condividiamo messaggi di denuncie ambientali e i bellissimi progetti alieutici lanciati dalle associazioni di pescatori. E da lì inizia il tam tam sui social fino a raggiungere degli obiettivi nobili. Ed è così che sono a venuto a conoscenza del viaggio inchiesta di Elisa Cozzarini lungo gli ultimi torrenti alpini. I più sospettosi diranno: ma cosa c’èntrano i pescatori con i torrenti, con l’ambiente, con le centrali idroelettriche? Già cosa c’azzeccano? Non rispondiamo a queste domande e vi invitiamo a immergevi in questo viaggio di Elisa, lungo le Alpi, dalla Liguria, al Friuli Venezia Giulia, passando per il Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Trentino Alto Adige.

Quello che mi ha fatto venire la pelle d’oca è stato l’intro del libro: “assalto finale ai torrenti alpini”. “Il destino della gran parte dei corsi d’acqua delle nostre montagne è quello di fluire nei tubi”. “Quando sarà terminata, non resterà in Italia neanche un esempio di com’è fatto un torrente di montagna”. “Tutto è cambiato con gli incentivi statali per le rinnovabili […] società per lo più private si lanciano a costruire centrali che rendono solo perché l’energia che producono viene venduta fino a tre volte il prezzo di mercato”.

I corsi d’acqua alpini sono sempre più depauperati e abbandonati in nome del dio-denaro. Sono rari i corsi d’acqua ancora naturali sulle alpi. Agghiacciante.

La voglia che mi ha spinto a scoprire, e a divulgare il viaggio di Elisa, è stata la mia “idrofilia” che parla la stessa Autrice che ci accomuna e accomuna tutti coloro che si imbattono ogni giorno con fatica e caparbietà,  in piccole grandi battaglie, che quasi mai nessuno ne parla, per la difesa degli ecosistemi acquatici e della biodiversità. Che non vogliono farsi portar via l’acqua e tutti i beni preziosi che essa produce e cura. Dobbiamo imparare a dare un valore economico alle risorse naturali, non per quello che producono, ma per il fatto di esserci, per i servizi eco-sistemici che garantiscono. Dobbiamo coinvolgere la popolazione e i media, far sapere che prosciugare i fiumi è un illegale.

Quello che mi rende orgoglioso è che molte associazioni di pescatori sono i capofila di queste battaglie insieme a comitati cittadini, sportivi e ambientalisti. Questa è la vera essenza dell’essere pescatore: essere idrofili e dedicare del tempo per la difesa degli habitat acquatici. EROI.

Non sono parole retoriche. Credetemi! Non possono dire altro che leggere

Radici liquide. Viaggio-inchiesta lungo gli ultimi torrenti alpini.

di Elisa Cozzarini.

Ed. nuovaedizione

Un grazie di cuore a tutti. Mai Mollare!

31960326_807227512803376_7658161790982815744_n

Fast-check sulla PESCA a INCREA

PREMESSSA

Lo Spinning Brugherio è  uno degli attori principali per la riapertura della pesca al parco Increa. Le nostre battaglie, caratterizzate da denunce sui media locali e su internet, sono state finalizzate non solo all’apertura alla pesca al bacino, ma alla valorizzazione e tutela del parco e del laghetto. Abbiamo portato a conoscenza i problemi a esso legati, una su tutte la presenza dell’alga rossa tossica, la presenza di nutrie, lo stato di incuria e degrado del parco oltre che alla scarsa considerazione delle acque del lago e dei sui abitanti. In questi anni di discussioni abbiamo portato a conoscenza ai nostri concittadini (e non solo) chi fossero gli abitanti delle acque (a molti misteriose) del lago Increa. Questi problemi sono stati affrontati solo da noi pescatori con l’attuale amministrazione comunale guidata dal sindaco Troiano, non nascondendo talvolta accesi dibattiti, ma sempre e comunque guidati dalla costruzione di un progetto olistico di cura e gestione del lago e dell’intero polmone verde. Ricordiamo che nessuno, se non poche persone ci hanno appoggiato, proponendo odg o interpellanza in consiglio comunale. Tra queste ricordiamo la cons. Francesca Pietropaolo e Enrico Sangalli, ex consigliere e pescatore prematuramente scomparso. Solo loro. E basta. Oggi in molti si presentano in campagna elettorale parlando e sparlando usando termini poco conosciute rispetto all’ambiente, biodiversità, increa-pesca, ecologia, quando mai nessuno di loro si sono impegnati a migliorare l’ambiente del quale stiamo parlando. Oppure dov’èrano i pescatori che si lamentano e criticano l’operato fatto in questi lunghissimi anni (6 anni!!!!), quando chiedevamo disperatamente aiuto a tutti?

Le discussioni si sono sviluppate con la “presa incarico” delle problematiche biologiche e ittiche da parte di un ittiologo, dott. Fabrizio Merati, una vecchia conoscenza ai pescatori esperti poiché ha avviato per primo il “progetto trota marmorata sull’Adda”. Dopo 2 anni di analisi idrobiologiche e ittiche sono emersi dei dati (a dire la verità scontati per noi pescatori) ma doverosi per mettere nero su bianco lo stato di salute del lago (ricordiamo che da quando è nato il parco pubblico – 1993 – non sono MAI state fatte analisi delle acque!). Le analisi, dunque, hanno evidenziato, una diminuzione dei fostati e nitrati in acqua quindi calo dell’alga rossa, una pretta dominanza delle specie alloctone (aliena) rispetto alle specie autoctone e quindi uno squilibrio biologico con un rischio di minaccia alla biodiversità del lago. Ricordiamo ai non esperti che la presenza delle specie alloctone (non solo specie ittiche, ma soprattutto le abbondantissime tartarughe) sono dovute all’immissione volontaria di queste specie sia in questi anni (facilitate da una scarsa vigilanza) sia quando il parco era una cava di estrazione. Da ciò, su indicazione dell’ittiologo, e non come dice qualcuno da pressione dei pescatori brugheresi, l’intervento per ripristinare l’equilibrio biologico del lago è stato quello di aprire la pesca mediante l’istituzione di un centro privato di pesca (CPP). Il centro di pesca è istituito e gestito unicamente dal comune di Brugherio, e non dato in concessione alle società di pesca; perciò è l’amministrazione comunale che detta le regole ed essendo un’amministrazione pubblica deve seguire leggi, ordinamenti e iter burocratici regionali. Pertanto, il comune di Brugherio diventa unico titolare dei diritti esclusivi di pesca del bacino e pertanto unico soggetto titolato a controllarne la gestione. I pescatori non sono proprietari di niente, ma solo fruitori, come tutti i frequentatori del parco.

Ricordiamo che, senza analisi idrobiologiche e ittiche da parte di un biologo, non è possibile pianificare interventi naturalistici del tipo: piantumazione piante ed piante/erbe acquatiche riparie,…etc…oppure  ripopolamento ittico, istituire zone di protezione o, come si è fatto, istituire un piano pesca di tutela e salvaguardia. Il biologo analizza gli eventuali problemi e pianifica gli interventi per risolverli portando avanti un progetto di salvaguardia dell’ecosistema acquatico. Come è possibile fare degli interventi senza capire che tipo di habitat stiamo parlando e quali sono le sue problematiche?  Bisogna fare interventi giusti e mirati in relazione a quel preciso ecosistema. Come dimostrano i risultati e quanto detto dal dottor Merati, Increa è fortemente compromesso l’equilibrio biologico e si stanno attuando gli interventi per ripristino. Ci vuole l’opinione e l’intervento di un esperto in campo, di un professionista, come lo è Merati. Il dottor Merati è il medico, l’ecosistema Increa è il malato. 

Meglio un luogo in cui la pesca è regolamentata e vigilata, piuttosto che un bacino chiuso alla pesca depauperato da tutto e da tutti, come è successo, purtroppo, in questi anni. Molti non vogliono che la pesca venga aperta perché così possono fare tutto ciò che vogliono, in particolare alcuni pescatori, e soprattutto negli orari più inconsueti (notte), come si è verificato in questi anni.

Orgogliosi, soddisfatti e felici del risultato raggiunto con la voglia di collaborare con tutti per migliorare il parco, il laghetto e il piano pesca.

Continua a leggere

Comunicato stampa al Notiziario Comunale

Con stupore abbiamo appreso quanto scritto nell’articolo apparso sul Notiziario Comunale dell’ultimo numero, in merito al bacino d’Increa e riguardo alla salute dello stesso.  Su ciò non vi erano dubbi per noi, a parte il problema dell’alga rossa, portato (e mai dimenticarlo), dai pescatori dello Spinning Brugherio alla visibilità di tutta la città, e quasi sempre contestato dai più. Così  come altri problemi legati alla salute non solo delle acque, ma anche delle sponde, vedi nutrie, ancora presenti in minor numero oggi, e che dire delle tartarughe….Tant’è  che ancora oggi non si sa  il motivo da dove nasce l’ alga rossa, e se riusciremo ad eliminarla. Vi è poi il problema  delle riproduzioni delle specie presenti, – l’unico pesce che riesce a riprodursi in tal luogo è il black-bass, senza teoria ma pratica , basta frequentare le sponde nel periodo tra fine aprile – maggio quando l’acqua arriva ad una temperatura verso i 18°C. All’opposto, le altre specie difficilmente si è costatato una riproduzione  vista la loro dimensione, se la presenza di pesci di piccole dimensioni è dovuta alla  semina di quantità prelevata dal Naviglio Martesana nell’asciutta di 3 anni fa, ad opera del consorzio. Dall’articolo si evidenzia che le cause del disequilibrio è frutto della grande quantità di pesci alieni; non è cosi!,   al fatto che il lago non è mai stato preso in considerazione e quindi ognuno ci buttava di tutto. Quali sono le specie locali ,di fatto non esistono, basta fare un giro sui fiumi per vedere quali pesci oggi sono presenti; se vogliamo  fare una rivoluzione ittica noi ci siamo: fuori il vil denaro, ma se vogliamo iniziare a fare ciò a Brugherio non abbiamo compreso nulla di ciò che è il mondo della pesca. Far passare il persico reale come pesce alloctono ci vuole coraggio oppure l’abbaglio è dietro l’angolo così come dire che il pesce d’elezione a Increa è la tinca ne passa, invece lo si creda o no il suddetto d’elezione è il black bass oppure il boccalone oppure il persico trota , è sempre lo stesso. Sappiamo per chi non ha passione è difficile entrare nei giusti termini, soprattutto nella pratica alieutica. Quando la fam. Recalcati di Increa seminò i primi pesci nella allora cava ,erano solo cavedani e bass, poi negli anni si sono seminati altri tipi di pesci. Ora molte qualità sono scomparse, l’unico sopravissuto è il persico trota assieme a scardole e cavedani di enormi dimensioni. Quindi, il black-bass che è stato immesso per primo nella cava Increa è un pesce autoctono o locale del lago Increa? No, assolutamente. Il termine autoctono e alloctono si riferiscono ad aree geografiche precise (areale) come può essere l’Italia o l’area Mediterranea, l’area danubiana etc….Queste definizioni sono scientifiche e disciplinate da normative e non da libere interpretazioni. Come abbiamo ampiamente discusso negli incontri e nel nostro sito web.

Se tutto è logico vorremmo vedere come convincere i pescatori  a prestare collaborazione al citato disegno formulato nell’articolo, ci vuole chiarezza. E il sopra citato articolo non ne fa.

Pertanto si invita, quando si parla di questi argomenti, oltre a consultare documenti e chi di dovere , come chi conosce veramente  l’habitat di Increa.

Anche perché chi legge queste informazioni e ne capisce, contatta e si lamenta con Noi come è già successo. 

QUALI SONO LE SPECIE ITTICHE DI INCREA?

QUALI AUTOCTONE E QUALI ALLOCTONE?

QUI–> Il nostro approfondimento

articolo

notiziario comunale, aprile 2018, pagina 15.

Presa del black-bass: danni e benefici

Molti pescatori che si dedicano al bass-fishing prendono il black-bass in maniera orizzontale o verticale afferrando la parte inferiore della mascella con le mani, altri utilizzano due mani sostenendo oltre il capo, anche la coda o il corpo. Considerando le variabilità sulla presa del pinnuto, la domanda sorge spontanea: qual è la miglior presa per evitare o minimizzare danni all’apparato buccale, agli organi interni e scheletro?

Una presa corretta annullerebbe o ridurrebbe i danni, talvolta letali, derivanti da una mala gestione durante la presa, la slamatura e il rilascio. Infatti non ha senso parlare e praticare il catch & release e il no-kill se poi il pesce viene manipolato in maniera scorretta.

Un recente studio condotto in Florida sui largemouth bass ha indagato su quali sono i potenziali effetti negativi e positivi dei metodi di presa del bass, e quindi applicando metodi scientifici, gli studiosi hanno dimostrato quali sono i migliori.

Gli studiosi hanno osservato un campione di black-bass catturati e manipolati con diversi metodi di presa e hanno osservato le eventuali conseguenze insorte in termini di comportamento alimentare e mortalità.

I tre metodi di presa utilizzati sono stati:

  1. uso del boga-grip con tenuta del bass in posizione verticale
  2. presa buccale con una sola mano con tenuta del bass in posizione orizzontale
  3. utilizzo di due mani che sostengono rispettivamente testa e corpo/coda mantenendo il bass in posizione orizzontale

Sono stati esaminati 90 boccaloni con un peso compreso tra 1,8 Kg e 3,8 Kg e dopo la cattura sono stati rilasciati in vasche per osservarne il comportamento mediante telecamera subacquea. Il comportamento alimentare è stato studiato fornendo ai bass prede come bluegill e piccole carpe. Dopo 5 giorni di osservazione, i pesci sono stati trasportati e rilasciati negli stagni dove erano stati catturati per poter osservare la sopravvivenza del post-rilascio.

Senza titolo-1 copia

I bass che sono stati manipolati con due mani sorretti orizzontalmente hanno riacquistato con più facilità e velocità il nuoto rispetto alle altre due tecniche prese in esame.

D’altro canto ci sono stati effetti negativi sull’apparato buccale nel breve tempo per quanto riguarda i bass presi con una sola mano e sorretti orizzontalmente.

L’utilizzo del boga-grip è assai pericoloso in quanto può provocare lesioni e danni permanenti all’apparato buccale del pesce. La posizione verticale, sebbene sia tenuta con le mani è meno pericolosa rispetto alla presa con una mano in posizione orizzontale, ma comunque non va fatta in quanto la circolazione corporea è contro gravità. Quindi i ricercatori raccomandano a tutti gli appassionati di bass-fishing che oltre di utilizzare le due mani e di sorreggere il bass in posizione orizzontale per ridurre e annullare il rischio di provocare danni al boccalone è bene anche diffondere e divulgare tali notizie.

Traduzione dell articolo, a cura dello Spinning Brugherio

Effects of common angler handling techniques on Florida largemouth bass behavior, feeding, and survival

Skaggs J, Quintana Y., Shaw S., Allen N. Trippel and Matthews M.

  1. Am. J. Fish. Mgmt. 37: 263-270. anno 2017.

Per saperne di più su come salpare correttamente i pesci dopo averli pescati, clicca QUI il nostro approfondimento su: uso del boga grip, guadino, presa opercolare luccio, rilascio, salpaggio e molto altro!

Il millefoglio, la pianta acquatica che sta uccidendo l’Idroscalo di Milano

Cleaned-Illustration_Myriophyllum_spicatum

Millefoglio d’acqua comune

Myriophyllum spicatum

Eurasian Watermilfoil

Famiglia: Haloragaceae
Il Millefoglio d’acqua comune è una pianta acquatica (e non un’erba!) nativa del continente Euro-Asiatico e dell’Africa settentrionale. Oltre a trovarlo in natura, questa pianta viene utilizzata in acquario come elemento ornante.

A causa della sua adattabilità ha finito spesso per soffocare e soppiantare le specie autoctone,  dilagando prepotentemente e provocando poi seri disagi e danni agli habitat colonizzati. Continua a leggere

Noi e Loro

Noi sono i pescatori, loro chi scrive sui giornali, molti sono professionisti, nel senso che operano con serietà altri sono legati a qualche carro e quindi devono scrivere quello che fa piacere al capo carro.  Dunque, per citare  solo i problemi legati al nostro mondo – veniamo interpellati solo quando la notizia è in qualche misura eclatante, del tipo— moria di pesci in tal fiume, oppure qualche sversamento di acidi nel famoso torrente, conseguenza pesci morti . Le notizie si fermano a queste due citate. Sarà colpa anche di chi si dedica alla pesca, cosi senza impegno, senza guardarsi attorno, dentro l’acqua del perché e del percome questi nostri amici vivono oggi più che mai in ambienti da fare schifo. Continua a leggere

Acque da salvare, posti di lavoro da creare

17990775_851499131656510_3966714206139714181_n

I beni preziosi al mondo di oggi, ma anche quello di ieri tuttavia in misura minore, sono sostanzialmente due:  il lavoro e il bene acqua. Il primo è legata la nostra vita lavorativa e quindi il modo in cui avviene il nostro sostentamento e quindi la qualità della vita, dentro la quale vi è la salute ed il modo di vivere in maniera adeguata tramite il salario acquisito con lo stesso. Il secondo è vivo nel momento in cui l’acqua è un bene prezioso che porta vita, senza la quale non c’è vita.  Oggi trovare una occupazione è difficile  per motivi legati ad delle scelte politiche, alla divisione del lavoro, ma soprattutto al fatto che il lavoro viene spostato nei paesi dove lo sfruttamento e i bassi salari attirano investimenti e quindi fabbriche che usufruiscono di maggior guadagno sfornando merci a basso costo. Quindi il problema del lavoro nei paesi sviluppati manca e mancherà sempre di più. Allora bisogna inventarsi una nuova occupazione con quello che non siamo o non abbiamo saputo sfruttare, forse perché non crea business, oppure non si hanno le conoscenze o capacità di sfruttare fino in fondo, cioè quelle risorse che stanno sotto ai nostri occhi come  Continua a leggere

La passione salva il bass

Mattina, ore 7— in un lago della Brianza; La barca scivola lentamente sull’acqua, sfiora il muretto ed è qui che iniziamo una serie di fitti lanci che sfiorano il muro tappezzato di alghe. Il plof sull’acqua dell’artificiale fa muovere qualcosa sotto il pelo dell’elemento liquido, un grosso black scoda l’esca che sparisce. Si intravede che è enorme, ma si nota che vicino alla pinna caudale sporge un qualcosa di conosciuto…….. Continua a leggere

Il Pànace di Mantegazza: guardare, ma non toccare!

Il pànace di Mantegazza [Heracleum mantegazzianum Sommier & Levier, 1895] è una pianta erbacea che può raggiungere un’altezza massima di 7 metri, ma la si trova comunemente intorno ai 5 metri.  I fiori sono circolari di dimensioni di 50 cm di diametri costituiti da numerosissimi fiorellini di color bianco-giallastro tendente a volte al verde e si sviluppano nel periodo estivo, cioè a partire dal mese di giugno fino ad agosto.

L’arbusto è originario delle montagne del Caucaso, ma intorno al XIX secolo venne importata nel continente europeo per la sua bellezze nelle fiorescenze. Infatti l’intento era ornamentale e anche quello di attirare curiosità nei poderosi e imponenti giardini ottocenteschi. Peccano che i nostri avi importatori non sapevano della pericolosità di questa pianta.

La pànace la ritroviamo in corrispondenza dei corsi d’acqua ed è diffusa oramai in tutta la pianura Padana, compresi gli archi pedemontani e alpini. Proprio per la sua presenza lungo i corsi d’acqua e della sua pericolosità, i pescatori rappresentano le persone più vulnerabili a subire ustioni e danni a contatto con questa pianta. Continua a leggere